Una lettura condivisa: I cieli di Philadelphia di Liz Moore
Ciao!
Non è che non abbia più letto, ma non ho più scritto e sono in ritardo con la messa nero su bianco delle mie impressioni. Pazienza.
Però volevo scrivere di una lettura condivisa che grazie ai social si riescono a creare delle relazioni che permettono di leggere un libro in contemporanea e scambiare e condividere considerazioni e opinioni, in altre parole si creano dei Gruppi di Lettura. In questo caso mi sono aggregata a Claudia di Lise Legge Lise Viaggia e Miria The book Hunter che hanno due canali YouTube e a Cinzia - Kmdinchiostro su Instagram.
Abbiamo scoperto di aver apprezzato il Dio dei boschi di Liz Moore (ne avevo scritto due righe due QUA) e volendo proseguire la conoscenza di questa autrice abbiamo scelto I cieli di Philadelphia - Liz Moore - NNEditore - pag 464 - trad. Ada Arduini
Come scritto sul retro di copertina:
Questo libro è per chi ha un posto segreto dove conservare i ricordi più cari, per chi ha visto cadere la neve sul palco dello Schiaccianoci, per chi da piccolo storpiava irrimediabilmente ogni parola, e per chi ha trovato il coraggio di affrontare i propri errori in nome della verità, per aprire gli occhi sul mondo come fosse la prima volta.
Ci è piaciuto? Risposta breve: Sì.
Risposta più articolata. Così come successo ne Il dio dei boschi, Liz Moore utilizza un genere letterario - il poliziesco - per esplorare altri temi: questo libro, in particolare, si concentra sulla crisi degli oppiacei che attanaglia gli Stati Uniti. Protagoniste della storia sono due sorelle: Michaela e Kacey che prendono strade diverse: una diventa una poliziotta di quartiere, l'altra frequenta le stesse strade per procurarsi una dose; attraverso due piani temporali (il presente e il passato) il romanzo si concentra sul rapporto viscerale tra le due donne e il loro contesto familiare spesso problematico all'interno di un quadro generale dato dalla ricerca di un pluriomicida che uccide le giovani ragazze. Come ne Il dio dei boschi le figure femminili sono tridimensionali e ci si affeziona a loro anche e se sono contraddittorie e prendono decisioni sbagliate mentre la (quasi) totalità degli uomini è meschina, viscida e tendenzialmente priva di valori.
La città di Philadelphia e, in particolare, la zona degradata di Kensington Avenue, è parte integrante del romanzo (così come le Adirondack ne Il Dio dei boschi): vengono descritti i negozietti, le case "per bene" che si succedono alle case dove i disperati si rifugiano per ripararsi dal freddo o per procurarsi l'ennesima dose e il pensiero corre a Demon Copperhead di Barbara Kingsolver che tratta del medesimo tema.
La prima parte l’ho trovata lenta, un po' avviluppata su se stessa mentre dalla seconda metà in poi le vicende ingranano anche grazie a qualche colpo di scena che non mi aspettavo. Avendo letto i due libri a poca distanza uno dall'altro i confronti sono inevitabili: come tema mi ha attirato di più la crisi degli oppioidi rispetto alla lotta di classe trattata ne Il dio dei boschi, mentre quest'ultimo si vede che è un libro frutto di una scrittrice più esperta che si muove più agevolmente con le parole e la scrittura. In ogni caso lettura consigliata.
Le socie di lettura sono state più rapide di me e hanno già pubblicato le loro recensioni/impressioni.
Buone letture!
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