28 dicembre 2019

Un fine settimana in Europa: il castello di Vianden

Ciao a tutti!
Uno degli aspetti caratteristici del paesaggio lussemburghere sono i castelli: 
privati, pubblici, che ospitano scuole o prestigiosi albeghi, visitabili o romantiche rovine,  per tutti i gusti.

Durante il nostro fine settimana alla scoperta della capitale lussemburghese (qui il post) abbiamo approfittato dell'efficiente sistema di trasporti e del fatto che fossero compresi nella Luxemboug Card per andare al Nord del Granducato per visitarne uno dei simboli: 

Lo sperone su cui si erge il castello si innalza al di sopra del fiume Our ed è possibile raggiungerlo tramite una seggiovia oppure percorrendo la la strada che porta in cima al paese passando accanto a chiese e botteghe.


Le prime tracce di fortificazione su questo sperone risalgono, tanto per cambiare, ad una guarnigione romana posta a difesa della zona di Treviri.
Il castello vero e proprio, il nucleo originario di quello che possiamo ammirare noi adesso, risale all'XI secolo, a cui si sono susseguiti ampliamenti e ricostruzioni fino al lungo, lento declino culminato nel 1820 con la vendita o svendita di diverse parti dell'edificio fino a trasformarlo in una romantica rovina immortalata nelle cartoline di inizio secolo scorso. Nel 1977 diventa proprietà dello stato e iniziano, finalmente, i lunghi e necessari lavori di ricostruzione del castello a quello che è stato il periodo di maggiore splendore e fortuna della zona: il XIV secolo durante il periodo gotico.

La visita si snoda lungo i diversi ambienti ricostruiti; in teoria sarebbe possibile godere di scorci sul paese e sul paesaggio circostante ma, in barba alle previsioni del tempo che prevedevano un tempo discreto, la visibilità era molto scarsa...pazienza! 
Quando si è in viaggio si prende quello che viene.





Lungo il fiume Our ci sono un paio di passeggiate gradevoli e istruttutive dove, leggendo alcuni pannelli informativi, ho scoperto che nel cuore dell'Europa si pescavano i salmoni e che si sta cercando di reintrodurli favorendo il superamento dei tanti sbarramenti che nel tempo sono stati costruiti.

Per saperne di più su castelli, su modalità di visita, orari di apertura l'efficiente sito del turismo lussemburghese è di facile consultazione.

Il Lussemburgo può essere una gradevole deviazione o integrazione di un viaggio tra Germania e Francia.

Alla prossima!

elipisto

24 novembre 2019

Un fine settimana in Europa: Ville de Luxembourg

Ciao a tutti!

Chissà che cosa ci sarà mai da vedere nella città del Lussemburgo.
Non sapendolo, complice un volo ad un prezzo economico prenotato dal divano durante una sonnecchiosa domenica, siamo andati a scoprirlo.

Ben poche erano le cose che sapevo prima di partire: 
l'elevato numero di banche e di soldi,
la presenza di una sede del Parlamento Europeo e istituzioni varie e che il centro storico è un sito Unesco.

La storia della città inizia nel 963 quando Sigfrido acquista il vecchio castellum e il circostante terreno che si erge come un promontorio sopra un'ansa del fiume Alzette molto vicino alla confluenza con la Pétrusse.

Da questo sperone roccioso si parte alla scoperta della città.

 Si scende all'interno delle Casemates du Bock: un impressionante sistema difensivo scavato all'interno della roccia che diede alla piccola città il nome di "Gibilterra del Nord" (Maggiori informazioni QUI). 
Le aperture, che in passato ospitavano cannoni e militari, nonché offrivano alla popolazione riparo durante i numerosi assedi, 
adesso permettono la vista sui diversi lati della città.


Dalle casemates si prosegue la visita seguendo il tracciato delle vecchie mura lungo il percorso denominato "Le Chemin de la Corniche" che, non molto modestamente, venne definito come il più bel balcone d'Europa e dallo sperone del Bock porta fino vecchia cittadella di Saint Esprit (attuale polo giudiziario della città), 
con notevoli scorci sulla valle dell'Alzette e sulla città bassa.

A questo punto ci si può dedicare al centro storico molto raccolto e con uno stile architettonico uniforme che ricorda quello delle città francesi: ampie piazze che si aprono all'improvviso, case solide e possenti che mostrano il potere. Non manca il Palazzo Granducale che si affaccia in una vivace via ricca di caffè e bistrot.


La vera sorpresa si ha quando si lascia alle spalle la protezione delle vecchie mura e si scende nella città bassa in cui, lungo le sponde dei fiumi, sorgevano i quartieri poveri e gli alloggiamenti delle milizie che comandavano la città. 
Le case si fanno più basse, normalmente a due piani, l'opulenza viene lasciata alle spalle, si ha l'impressione che sia una zona maggiormente vissuta e meno di rappresentanza ed è un piacere passeggiare lungo i fiumi alla ricerca di una buona birra ristoratrice. 


Dalla parte opposta, seguendo il filo degli antichi bastioni, si giunge al moderno quartiere di Kirchberg, sede di diverse istituzioni europee, di centri culturali e sportivi e, in generale, di edifici moderni e futuristici.
Lo abbiamo parzialmente esplorato sulla via del ritorno, 
ma l'impressione è quella di un quartiere che si anima durante le ore lavorative che risulta privo di personalità e di "calore", un po' come lo sono tutti i centri direzionali. 



La città del Lussemburgo è stata una piacevole sorpresa, 
meta ideale per un fine settimana per staccare la spina; 
nonostante sia uno dei centri economici dell'Europa, 
durante il fine settimana l'aria che si respira è molto rilassata e piacevole.



Io non ho trovato, prima di partire, nessuna guida cartacea da portare con me 
(lo so sono vecchio stile, ma a me piace sfogliare le guide), 
per cui, con qualche ricerca su internet fatta a casa, siamo andati piacevolmente a zonzo, ma se non si vuole andare all'avventura l'ufficio del turismo in Place Guillaume II offre un pieghevole con le indicazioni per scoprire la città e tutte le informazioni necessarie per coglierne tutte le occasioni.

Di seguito qualche scatto lussemburghese tra città alta e città bassa, tra modernità e tradizione.

















Alla prossima!
elipisto



03 settembre 2019

Sopra e sotto il comodino: Il sussurro del mondo

Ciao a tutti!
per il mio compleanno ho ricevuto una montagna di libri tra cui uno dei titoli del momento: 
Il sussurro del mondo di Richard Powers, 
edito da La Nave di Teseo,
vincitore del premio Pulitzer per la narrativa del 2019.

Io, normalmente, mi tengo alla larga dai libri più chiacchierati e pure da quelli premiati che, spesso, non incontrano il mio gusto.

Però c'è qualcosa in questo volume che ha attirato fin da subito, indipendentemente dalla sua fama;
sarà che è il titolo giusto al momento giusto, 
sarà che è un periodo che sto leggendo di clima e ambiente. 

Fortunatamente, le aspettative non sono state deluse e, al termine della lettura, avevo voglia di uscire ed abbracciare tutti gli alberi che incontravo sul mio passaggio per ringraziarli per quello che fanno e scusarmi per la stupidità umana.

Il romanzo non ha una struttura classica bensì riprende la suddivisione degli alberi in radici - tronco - chioma - semi.

Le radici sono i racconti che ci fanno conoscere i nove coprotagonisti le cui storie si intrecciano, si incontrano e crescono nelle altre parti del romanzo, tutte accomunate dalla fascinazione che gli alberi - a diverso titolo - esercitano su di loro. 
Ma c'è un decimo protagonista che sovrasta tutti: l'albero, o meglio gli alberi che hanno una propria "coscienza" e che sopravviveranno a qualsiasi porcata che il genere umano sta facendo per usare ed uccidere l'ambiente.

E' un libro che consiglio a tutti? 
Pur essendo molto bello, secondo me, ha bisogno di un lettore abituato a leggere di storie non lineari che si perdono per poi ritrovarsi. Poi, basta affidarsi alla penna di Powers che è in grado di condurre per mano il lettore dalle radici fino all'ultima tremolante fogliolina.

E' un libro che scuote le coscienze, che commuove e che fa profondamente arrabbiare.
Se al termine della lettura non vi viene voglia di proteggere e tutelare il verde che ci circonda siete delle brutte persone, lasciatemelo dire. 

Come ho scritto in un post precedente ci sono delle letture che evocano dei luoghi e viceversa. In questo caso La lettura mi ha fatto venire in mente la foresta nebulosa di Monteverde in Costarica che ho avuto la fortuna di visitare un paio di anni fa. 

Il microclima che si genera dall'incontro delle correnti atlantiche e quelle pacifiche crea una condizione unica molto umida che permette la sopravvivenza di specie endemiche e di una biodiversità difficilmente ritrovabile altrove. 
Una parte della riserva è dedicata al turismo con la possibilità di percorrere delle passerelle aeree che attraversano la canopia oppure di attaccarsi con un imbrago ad un cavo di acciaio e "sfrecciare" nella foresta. 
Che il turismo, se gestito in modo intelligente, potesse essere una difesa dell'ambiente non mi era ancora venuto in mente, anche se si tratta sempre di utilizzare la Natura per fini economici.










Alla prossima!
elipisto

25 agosto 2019

Un fine settimana al Passo del Bernina

Ciao a tutti!
di recente ho nuovamente preso il trenino rosso del Bernina per trascorrere un fine settimana nella bella Engadina.
Qui il post di quando ci sono andata la prima volta, le emozioni sono sempre le stesse e i paesaggi sempre belli.



Questa questa volta mi sono goduta il maestoso paesaggio facendo, prima il giro del lago di St. Moritz, poi andando a piedi alla stazioncina di Celerina attirata dalle rovine del campanile della chiesa S. Gian.

Infine, dormendo nell'antico Ospizio del Bernina situato in prossimità dell'omonimo passo con camera con vista sul Lago Bianco e sul ghiacciaio che scende dal Piz Cambrena. 
Una sistemazione da togliere il sonno, nel senso che si rimane incantati alla finestra ad osservare il mutare della luce con il trascorrere delle ore, senza dimenticarsi dell'alba!



La vera sorpresa è stata svegliarsi la domenica con il cielo terso, tersissimo senza neanche una nuvola! 

Quale migliore occasione per prendere la funivia del Diavolezza che porta a quota 2978 m al cospetto del ghiacciaio del Morteratsch racchiuso tra le alte vette del Piz Palu e del Piz Bernina.



Siamo saliti con una delle prime corse della funivia quando il brusio dei turisti non si sente ancora e non gareggia a sovrastare la maestosità delle cime.
Uno spettacolo per gli occhi e per la mente, ma anche un colpo al cuore perché gli effetti del riscaldamento globale sull'arretramento del fronte glaciale si fanno vedere, 
eccome!


Dal piazzale della funivia parte un sentiero che porta in un'oretta al Munt Pers: uno splendido balcone panoramico verso le alte cime delle Alpi Retiche. 
Il percorso richiede un po' di attenzione perché si è in quota e
se manca il fiato e il cuore batte forte in gola, oltre alla mancanza di allenamento, è l'altitudine che inizia a farsi sentire. 


Non paga di essere in mezzo ai monti e in barba ai consigli di ortopedici e fisioterapisti, passo dopo passo, costeggiando il lago Bianco siamo giunti all'alpe Grum dove c'è stata l'ultima occasione per rimanere incantati davanti ai ghiacciai prima di prendere il trenino per rientrare in Italia.

Alla prossima!
elipisto

22 luglio 2019

Letture e viaggi: il Delta del Po

Libri che suggeriscono luoghi e luoghi che suggestionano letture. 
Questo è il connubio tra il Delta del Po e Morimondo scritto da Paolo Rumiz.


Soggiornando qualche giorno a Comacchio, il Delta del Po è un richiamo quasi irresistibile. Noi lo abbiamo esplorato seguendo le stradine che attraversano i campi conquistati al fiume da cui sono separati e protetti da argini possenti.
In auto, agli incroci, si percorre la strada che meno si allontana dall'orizzonte tracciato dall'argine fino a quando si incontra l'ultima svolta, che la terraferma è finita. 

Oltre c'è il mare.

L'Italia finisce.


Sì lo so che ci sono ancora le acque territoriali, 
ma ad essere su quel lembo di sabbia a guardare la corrente disperdersi nel mare mi ha dato l'impressione di essere ai confini della nostra penisola. 

E mi sono emozionata. 


Da brava piemontese il Po l'ho visto nascere (ben prima di inutili propagande politiche) e iniziare a calmare la sua giovanile irruenza nella pianura saluzzese per virare, dopo Torino, verso Est a raggiungere il mare per un viaggio lontano e affascinante. 

Stesso tragitto che ha percorso Paolo Rumiz a bordo di tre diverse imbarcazioni e che ha narrato in Morimondo.

Un viaggio fatto di suggestioni, di rimandi ad altri ricordi in un fluire che segue i ritmi del fiume, 
si tratta di emozioni pure, ataviche legate all'incessante movimento dell'acqua.
Si narra di un amore crescente per Po intaccato dal barbaro sfruttamento che viene depredato, vandalizzato, boicottato ma che, nonostante tutto, 
si rigenera incessantemente.


La lettura ha fatto pensare al mio di rapporto con il fiume; lo vivo come luogo di "loisir" per delle piacevoli passeggiate, ma divento consapevole della sua forza durante le alluvioni che ormai si stanno susseguendo sempre più frequentemente. 
Sicuramente è una presenza, spesso ignorata, ma che talvolta ruggisce e ricorda la fragilità delle costruzioni umane.

Spero che questo connubbio letture e viaggi possa riservare piacevoli sorprese nel futuro.

Alla prossima!

elipisto

p.s queste sono due foto bonus che mi piacevano: il ponte di barche sulla strada per andare a Goro e una barca con lo sfondo un temporale imminente. 

21 giugno 2019

Sopra e sotto il comodino - Naufraghi senza volto - Cristina Cattaneo


Ciao a tutti!

Oggi voglio raccontare di un libro che mi ha fatto commuovere, 
riflettere ed arrabbiare nello stesso tempo.


di Cristina Cattaneo pubblicato da Raffaele Cortina Editore.

Seppellire i propri morti e permettere a chi è rimasto l'elaborazione del lutto è qualcosa di intrinseco e specifico nella natura umana, tant'è che i primi riti funerari risalgono ad oltre 10.000 anni fa, ossia poco dopo la sedentarizzazione dell'uomo.



In questo libro Cristina Cattaneo racconta la propria battaglia ideologica per il diritto dei morti, di tutti i morti senza distinzioni di colore, provenienza, tipo di morte, ad avere la restituzione della propria identità. 

In seguito ai naufragi avvenuti al largo delle coste sicule il 3 ottobre 2013 e, quello ancora più drammatico del 18 aprile 2015, l'Ufficio del Commissario straordinario del Governo per le persone scomparse (UPCS) insieme al Laboratorio di Antropologia e Odontologia Forense (LABANOF), presieduto dalla dottoressa Cattaneo, ha allestito un campo mobile a Melilli per effettuare le autopsie e tutti gli esami necessari per ottenere il maggior numero di dati utili a restituire un'identità ai resti trovati in fondo al mare. 
A cui è seguita la ricerca di quei parenti che hanno avuto la possibilità di recarsi a Roma e a Milano per fornire altri elementi necessari al riconoscimento delle vittime.
La restituzione dell'identità, inoltre, ha una valenza pratica per consentire le pratiche di adozione, il ricongiungimento di minori, etc...

In copertina avrebbe potuto esserci la foto della pagella che il ragazzo provenientedal Mali portava cucita all'interno della tasca o una tessera bibliotecaria o un sacchetto appeso al collo contenente un pugno della terra di origine. 

Il libro è un pugno allo stomaco, non c'è pietismo, c'è il rigore scientifico accompagnato ad una spiccata sensibilità,
il tutto condito dalla convinzione di stare facendo la cosa giusta. 
Giusta per i morti e giusta per i vivi. 

Cito qualche passo del libro che più mi hanno colpito:
  "E' vero ed è spesso istintivo il fatto che più lontano avviene la tragedia, meno ci tocca, soprattutto se la distanza è culturale, ancor più che geografica. 
Ma è anche vero che, spesso, questa lontananza si accorcia quando si tocca con mano la disperazione dell'altro, che non ha bisogno di traduzioni." 

"[...]in un periodo storico in cui, nel parlare di supporto ai migranti, si viene spesso trattati con sufficienza o biasimo - non solo per recuperare un barcone pieno di vittime dalla pelle scura, ma anche per trattarli come tratteremmo mille europei "bianchi" morti in un ipotetico disastro aereo..[...] 
di solito queste vittime, soprattutto dall'Europa "che conta", non vengono considerate degne di pietas né di essere identificate, né i loro parenti degni di sapere se il proprio figlio è vivo o morto" 


"E pensai alla diversa sorte che tocca ai morti, al suo variare in base a chi sono, da dove vengono e come muoiono. Totò si sbagliava: 
la morte non è sempre una livella."

Che cosa hanno di diverso le vittime dei barconi dalle vittime di disastri aerei?
In cosa differiscono i parenti dei migranti dai parenti di ragazzi italiani che risultano dispersi?



E, a chi critica questo dispendio di risorse per dei morti, Cristina Cattaneo risponde: 
"E se fosse tua figlia?"

Alla prossima!
elipisto


Sopra e sotto il comodino - Letture primaverili...ma non troppo

Marzo è arrivato e la primavera bussa alle porte con le gemme che spuntano sui rami, i fiori che ingentiliscono i prati e gli alberi, le ...