24 novembre 2019

Un fine settimana in Europa: Ville de Luxembourg

Ciao a tutti!

Chissà che cosa ci sarà mai da vedere nella città del Lussemburgo.
Non sapendolo, complice un volo ad un prezzo economico prenotato dal divano durante una sonnecchiosa domenica, siamo andati a scoprirlo.

Ben poche erano le cose che sapevo prima di partire: 
l'elevato numero di banche e di soldi,
la presenza di una sede del Parlamento Europeo e istituzioni varie e che il centro storico è un sito Unesco.

La storia della città inizia nel 963 quando Sigfrido acquista il vecchio castellum e il circostante terreno che si erge come un promontorio sopra un'ansa del fiume Alzette molto vicino alla confluenza con la Pétrusse.

Da questo sperone roccioso si parte alla scoperta della città.

 Si scende all'interno delle Casemates du Bock: un impressionante sistema difensivo scavato all'interno della roccia che diede alla piccola città il nome di "Gibilterra del Nord" (Maggiori informazioni QUI). 
Le aperture, che in passato ospitavano cannoni e militari, nonché offrivano alla popolazione riparo durante i numerosi assedi, 
adesso permettono la vista sui diversi lati della città.


Dalle casemates si prosegue la visita seguendo il tracciato delle vecchie mura lungo il percorso denominato "Le Chemin de la Corniche" che, non molto modestamente, venne definito come il più bel balcone d'Europa e dallo sperone del Bock porta fino vecchia cittadella di Saint Esprit (attuale polo giudiziario della città), 
con notevoli scorci sulla valle dell'Alzette e sulla città bassa.

A questo punto ci si può dedicare al centro storico molto raccolto e con uno stile architettonico uniforme che ricorda quello delle città francesi: ampie piazze che si aprono all'improvviso, case solide e possenti che mostrano il potere. Non manca il Palazzo Granducale che si affaccia in una vivace via ricca di caffè e bistrot.


La vera sorpresa si ha quando si lascia alle spalle la protezione delle vecchie mura e si scende nella città bassa in cui, lungo le sponde dei fiumi, sorgevano i quartieri poveri e gli alloggiamenti delle milizie che comandavano la città. 
Le case si fanno più basse, normalmente a due piani, l'opulenza viene lasciata alle spalle, si ha l'impressione che sia una zona maggiormente vissuta e meno di rappresentanza ed è un piacere passeggiare lungo i fiumi alla ricerca di una buona birra ristoratrice. 


Dalla parte opposta, seguendo il filo degli antichi bastioni, si giunge al moderno quartiere di Kirchberg, sede di diverse istituzioni europee, di centri culturali e sportivi e, in generale, di edifici moderni e futuristici.
Lo abbiamo parzialmente esplorato sulla via del ritorno, 
ma l'impressione è quella di un quartiere che si anima durante le ore lavorative che risulta privo di personalità e di "calore", un po' come lo sono tutti i centri direzionali. 



La città del Lussemburgo è stata una piacevole sorpresa, 
meta ideale per un fine settimana per staccare la spina; 
nonostante sia uno dei centri economici dell'Europa, 
durante il fine settimana l'aria che si respira è molto rilassata e piacevole.



Io non ho trovato, prima di partire, nessuna guida cartacea da portare con me 
(lo so sono vecchio stile, ma a me piace sfogliare le guide), 
per cui, con qualche ricerca su internet fatta a casa, siamo andati piacevolmente a zonzo, ma se non si vuole andare all'avventura l'ufficio del turismo in Place Guillaume II offre un pieghevole con le indicazioni per scoprire la città e tutte le informazioni necessarie per coglierne tutte le occasioni.

Di seguito qualche scatto lussemburghese tra città alta e città bassa, tra modernità e tradizione.

















Alla prossima!
elipisto



03 settembre 2019

Sopra e sotto il comodino: Il sussurro del mondo

Ciao a tutti!
per il mio compleanno ho ricevuto una montagna di libri tra cui uno dei titoli del momento: 
Il sussurro del mondo di Richard Powers, 
edito da La Nave di Teseo,
vincitore del premio Pulitzer per la narrativa del 2019.

Io, normalmente, mi tengo alla larga dai libri più chiacchierati e pure da quelli premiati che, spesso, non incontrano il mio gusto.

Però c'è qualcosa in questo volume che ha attirato fin da subito, indipendentemente dalla sua fama;
sarà che è il titolo giusto al momento giusto, 
sarà che è un periodo che sto leggendo di clima e ambiente. 

Fortunatamente, le aspettative non sono state deluse e, al termine della lettura, avevo voglia di uscire ed abbracciare tutti gli alberi che incontravo sul mio passaggio per ringraziarli per quello che fanno e scusarmi per la stupidità umana.

Il romanzo non ha una struttura classica bensì riprende la suddivisione degli alberi in radici - tronco - chioma - semi.

Le radici sono i racconti che ci fanno conoscere i nove coprotagonisti le cui storie si intrecciano, si incontrano e crescono nelle altre parti del romanzo, tutte accomunate dalla fascinazione che gli alberi - a diverso titolo - esercitano su di loro. 
Ma c'è un decimo protagonista che sovrasta tutti: l'albero, o meglio gli alberi che hanno una propria "coscienza" e che sopravviveranno a qualsiasi porcata che il genere umano sta facendo per usare ed uccidere l'ambiente.

E' un libro che consiglio a tutti? 
Pur essendo molto bello, secondo me, ha bisogno di un lettore abituato a leggere di storie non lineari che si perdono per poi ritrovarsi. Poi, basta affidarsi alla penna di Powers che è in grado di condurre per mano il lettore dalle radici fino all'ultima tremolante fogliolina.

E' un libro che scuote le coscienze, che commuove e che fa profondamente arrabbiare.
Se al termine della lettura non vi viene voglia di proteggere e tutelare il verde che ci circonda siete delle brutte persone, lasciatemelo dire. 

Come ho scritto in un post precedente ci sono delle letture che evocano dei luoghi e viceversa. In questo caso La lettura mi ha fatto venire in mente la foresta nebulosa di Monteverde in Costarica che ho avuto la fortuna di visitare un paio di anni fa. 

Il microclima che si genera dall'incontro delle correnti atlantiche e quelle pacifiche crea una condizione unica molto umida che permette la sopravvivenza di specie endemiche e di una biodiversità difficilmente ritrovabile altrove. 
Una parte della riserva è dedicata al turismo con la possibilità di percorrere delle passerelle aeree che attraversano la canopia oppure di attaccarsi con un imbrago ad un cavo di acciaio e "sfrecciare" nella foresta. 
Che il turismo, se gestito in modo intelligente, potesse essere una difesa dell'ambiente non mi era ancora venuto in mente, anche se si tratta sempre di utilizzare la Natura per fini economici.










Alla prossima!
elipisto

25 agosto 2019

Un fine settimana al Passo del Bernina

Ciao a tutti!
di recente ho nuovamente preso il trenino rosso del Bernina per trascorrere un fine settimana nella bella Engadina.
Qui il post di quando ci sono andata la prima volta, le emozioni sono sempre le stesse e i paesaggi sempre belli.



Questa questa volta mi sono goduta il maestoso paesaggio facendo, prima il giro del lago di St. Moritz, poi andando a piedi alla stazioncina di Celerina attirata dalle rovine del campanile della chiesa S. Gian.

Infine, dormendo nell'antico Ospizio del Bernina situato in prossimità dell'omonimo passo con camera con vista sul Lago Bianco e sul ghiacciaio che scende dal Piz Cambrena. 
Una sistemazione da togliere il sonno, nel senso che si rimane incantati alla finestra ad osservare il mutare della luce con il trascorrere delle ore, senza dimenticarsi dell'alba!



La vera sorpresa è stata svegliarsi la domenica con il cielo terso, tersissimo senza neanche una nuvola! 

Quale migliore occasione per prendere la funivia del Diavolezza che porta a quota 2978 m al cospetto del ghiacciaio del Morteratsch racchiuso tra le alte vette del Piz Palu e del Piz Bernina.



Siamo saliti con una delle prime corse della funivia quando il brusio dei turisti non si sente ancora e non gareggia a sovrastare la maestosità delle cime.
Uno spettacolo per gli occhi e per la mente, ma anche un colpo al cuore perché gli effetti del riscaldamento globale sull'arretramento del fronte glaciale si fanno vedere, 
eccome!


Dal piazzale della funivia parte un sentiero che porta in un'oretta al Munt Pers: uno splendido balcone panoramico verso le alte cime delle Alpi Retiche. 
Il percorso richiede un po' di attenzione perché si è in quota e
se manca il fiato e il cuore batte forte in gola, oltre alla mancanza di allenamento, è l'altitudine che inizia a farsi sentire. 


Non paga di essere in mezzo ai monti e in barba ai consigli di ortopedici e fisioterapisti, passo dopo passo, costeggiando il lago Bianco siamo giunti all'alpe Grum dove c'è stata l'ultima occasione per rimanere incantati davanti ai ghiacciai prima di prendere il trenino per rientrare in Italia.

Alla prossima!
elipisto

22 luglio 2019

Letture e viaggi: il Delta del Po

Libri che suggeriscono luoghi e luoghi che suggestionano letture. 
Questo è il connubio tra il Delta del Po e Morimondo scritto da Paolo Rumiz.


Soggiornando qualche giorno a Comacchio, il Delta del Po è un richiamo quasi irresistibile. Noi lo abbiamo esplorato seguendo le stradine che attraversano i campi conquistati al fiume da cui sono separati e protetti da argini possenti.
In auto, agli incroci, si percorre la strada che meno si allontana dall'orizzonte tracciato dall'argine fino a quando si incontra l'ultima svolta, che la terraferma è finita. 

Oltre c'è il mare.

L'Italia finisce.


Sì lo so che ci sono ancora le acque territoriali, 
ma ad essere su quel lembo di sabbia a guardare la corrente disperdersi nel mare mi ha dato l'impressione di essere ai confini della nostra penisola. 

E mi sono emozionata. 


Da brava piemontese il Po l'ho visto nascere (ben prima di inutili propagande politiche) e iniziare a calmare la sua giovanile irruenza nella pianura saluzzese per virare, dopo Torino, verso Est a raggiungere il mare per un viaggio lontano e affascinante. 

Stesso tragitto che ha percorso Paolo Rumiz a bordo di tre diverse imbarcazioni e che ha narrato in Morimondo.

Un viaggio fatto di suggestioni, di rimandi ad altri ricordi in un fluire che segue i ritmi del fiume, 
si tratta di emozioni pure, ataviche legate all'incessante movimento dell'acqua.
Si narra di un amore crescente per Po intaccato dal barbaro sfruttamento che viene depredato, vandalizzato, boicottato ma che, nonostante tutto, 
si rigenera incessantemente.


La lettura ha fatto pensare al mio di rapporto con il fiume; lo vivo come luogo di "loisir" per delle piacevoli passeggiate, ma divento consapevole della sua forza durante le alluvioni che ormai si stanno susseguendo sempre più frequentemente. 
Sicuramente è una presenza, spesso ignorata, ma che talvolta ruggisce e ricorda la fragilità delle costruzioni umane.

Spero che questo connubbio letture e viaggi possa riservare piacevoli sorprese nel futuro.

Alla prossima!

elipisto

p.s queste sono due foto bonus che mi piacevano: il ponte di barche sulla strada per andare a Goro e una barca con lo sfondo un temporale imminente. 

21 giugno 2019

Sopra e sotto il comodino - Naufraghi senza volto - Cristina Cattaneo


Ciao a tutti!

Oggi voglio raccontare di un libro che mi ha fatto commuovere, 
riflettere ed arrabbiare nello stesso tempo.


di Cristina Cattaneo pubblicato da Raffaele Cortina Editore.

Seppellire i propri morti e permettere a chi è rimasto l'elaborazione del lutto è qualcosa di intrinseco e specifico nella natura umana, tant'è che i primi riti funerari risalgono ad oltre 10.000 anni fa, ossia poco dopo la sedentarizzazione dell'uomo.



In questo libro Cristina Cattaneo racconta la propria battaglia ideologica per il diritto dei morti, di tutti i morti senza distinzioni di colore, provenienza, tipo di morte, ad avere la restituzione della propria identità. 

In seguito ai naufragi avvenuti al largo delle coste sicule il 3 ottobre 2013 e, quello ancora più drammatico del 18 aprile 2015, l'Ufficio del Commissario straordinario del Governo per le persone scomparse (UPCS) insieme al Laboratorio di Antropologia e Odontologia Forense (LABANOF), presieduto dalla dottoressa Cattaneo, ha allestito un campo mobile a Melilli per effettuare le autopsie e tutti gli esami necessari per ottenere il maggior numero di dati utili a restituire un'identità ai resti trovati in fondo al mare. 
A cui è seguita la ricerca di quei parenti che hanno avuto la possibilità di recarsi a Roma e a Milano per fornire altri elementi necessari al riconoscimento delle vittime.
La restituzione dell'identità, inoltre, ha una valenza pratica per consentire le pratiche di adozione, il ricongiungimento di minori, etc...

In copertina avrebbe potuto esserci la foto della pagella che il ragazzo provenientedal Mali portava cucita all'interno della tasca o una tessera bibliotecaria o un sacchetto appeso al collo contenente un pugno della terra di origine. 

Il libro è un pugno allo stomaco, non c'è pietismo, c'è il rigore scientifico accompagnato ad una spiccata sensibilità,
il tutto condito dalla convinzione di stare facendo la cosa giusta. 
Giusta per i morti e giusta per i vivi. 

Cito qualche passo del libro che più mi hanno colpito:
  "E' vero ed è spesso istintivo il fatto che più lontano avviene la tragedia, meno ci tocca, soprattutto se la distanza è culturale, ancor più che geografica. 
Ma è anche vero che, spesso, questa lontananza si accorcia quando si tocca con mano la disperazione dell'altro, che non ha bisogno di traduzioni." 

"[...]in un periodo storico in cui, nel parlare di supporto ai migranti, si viene spesso trattati con sufficienza o biasimo - non solo per recuperare un barcone pieno di vittime dalla pelle scura, ma anche per trattarli come tratteremmo mille europei "bianchi" morti in un ipotetico disastro aereo..[...] 
di solito queste vittime, soprattutto dall'Europa "che conta", non vengono considerate degne di pietas né di essere identificate, né i loro parenti degni di sapere se il proprio figlio è vivo o morto" 


"E pensai alla diversa sorte che tocca ai morti, al suo variare in base a chi sono, da dove vengono e come muoiono. Totò si sbagliava: 
la morte non è sempre una livella."

Che cosa hanno di diverso le vittime dei barconi dalle vittime di disastri aerei?
In cosa differiscono i parenti dei migranti dai parenti di ragazzi italiani che risultano dispersi?



E, a chi critica questo dispendio di risorse per dei morti, Cristina Cattaneo risponde: 
"E se fosse tua figlia?"

Alla prossima!
elipisto


12 giugno 2019

Cartoline dall'Australia


Ciao a tutti!

è da un bel po' che sono tornata, ma sarà che si prospetta un'estate lavorativa (ovviamente), sarà che si è trattato di un viaggio importante, 
ma la mente torna spesso all'Australia.

In fase di progettazione del viaggio, non potevo non inserire tre posti iconici che rappresentano il continente australiano in tutto il mondo: 
Uluru, i Dodici Apostoli e l'Opera House di Sydney.

Ci sono quei luoghi che sono ormai talmente conosciuti tramite riproduzioni, pubblicità, fotografie, Instagram che sembra di averli visti da sempre e si potrebbe pensare che dal vero non siano sufficientemente "belli" o emozionanti o, più semplicemente, nuovi. 
Invece no!

Andiamo con ordine.

Uluru 

Simbolo del Red Centre e della cultura aborigena sorge a quasi 4 ore di volo da Brisbane, nel bel mezzo del deserto rosso, quel rosso altro simbolo australiano. 
Per arrivare al piccolo aeroporto, ancora chiamato Ayers Rock, si sorvola quasi la metà del continente che, progressivamente, diventa sempre più rosso, solcato da lievi increspature, da segni lasciati dall'acqua; saranno le linee dei canti narrate da Chatwin e seguite dalle popolazioni aborigene per i loro nomadismi? 
Man mano che ci si avvicina e l'aereo perde progressivamente quota si aguzzano gli occhi per scorgere lui: il monolite simbolo. 
Non mi sto a ripetere dicendo che è tutto rosso, rossastro, molto rosso.

Uluru sorge isolato nel mezzo della pianura arida ed è un vero punto di riferimento. 
Si erge per 350 metri sulla linea dell'orizzonte, ma ha una profondità di 7 Km! 
Il suo essere "pezzo unico" non lo rende uniforme, ma l'arenaria di cui è composto accoglie e riflette i raggi del sole in un continuo cangiare di sfumature e di forme. 
Al sorgere del sole la roccia sembra gonfiarsi come una spugna quando viene immersa nell'acqua; 
parallelamente, al calare del sole Uluru sembra sgonfiarsi e rimpicciolirsi su se stesso pronto per espandersi al successivo raggio di sole.

I 12 Apostoli 



Passando dal clima arido a quello oceanico, dall'arenaria al calcare, si incontra un altro simbolo della possente natura australiana. 
I pinnacoli dei 12 Apostoli sono di fianco alla Great Ocean Road.
In realtà non sono 12, non sono mai stati 12! 
Probabilmente, si è ritenuto che il riferimento biblico fosse un nome più accattivante del vecchio "La scrofa e i maialini" (The Sow and the Piglets).
Al tramonto frotte di turisti si accalcano per immortalare le lunghe ombre del calare del giorno e vedere i pinguini rientrare nelle loro tane.

Noi abbiamo scelto, o meglio il luogo del pernottamento a Lavers Hills ha fatto sì che ci andassimo all'alba. 
E, sebbene il tempo non sia stato dalla nostra, abbiamo assaporato un momento di pace.
Nessuno a sgomitare per essere in prima fila, 
nessun schiamazzo a rompere la magia del momento. 
Si era tutti in silenzio ad assaporare il luogo e il momento, 
immersi nell'ascolto del frangersi delle onde e del vento,
 musica che non entra in nessuna fotografia.
Le immagini viste tante volte non rendono l'idea, sono un particolare rispetto al tutto e si rimane incatenati dal panorama. 


Tutto quel pezzo di costa è ricco di spuntoni, archi, scogli e vale la pena fermarsi ad ogni angolo a scattare centinaia di fotografie e leggere i cartelli informativi per conoscere leggende, storie tragiche di naufragi e sopravvissuti, di turisti sorpresi dal crollo di un arco..

Sydney Opera House


Infine, si vola in città: Sydney è una scelta abbastanza obbligata visto che da lì partiva il lungo volo di rientro.
Nei miei archivi c'è una quantità imbarazzante di foto della celeberrima Opera House che domina la baia: l'ho fotografata dal basso, dall'acqua, dal ponte, di fianco...cercando ogni volta di cattura l'anima di questa meraviglia architettonica senza riuscirci. 
Però sono riuscita a trattenermi dal fotografare le 1.056.006 ceramiche che formano la copertura dei tre edifici. 

Dalle immagine viste non pensavo che la presenza fosse così imponente, né che fosse così presente: spesso e volentieri si ritorna qua e la costruzione entra prepotentemente nel campo visivo.

Quando le aspettative sono elevate il rischio di rimanere delusi è dietro l'angolo, 
ma questi luoghi lasciano a bocca aperta. 
Le foto difficilmente riescono ad inserire la meraviglia naturalistica o architettonica nella   vastità del paesaggio e si perdono i collegamenti con l'ambiente circostante. 
Le immagini famose, nella loro "serialità", non riescono a trasmettere l'essenza del luogo fatta di colori, rumori, suoni, odori. 
In pratica bisogna fare come San Tommaso e andare a vedere di persona! 
E se non si riesce si continua a sognare guardando le foto delle riviste, di Instagram...


Alla prossima!
elipisto

Sopra e sotto il comodino - Letture primaverili...ma non troppo

Marzo è arrivato e la primavera bussa alle porte con le gemme che spuntano sui rami, i fiori che ingentiliscono i prati e gli alberi, le ...